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LA ZONA LIBERA

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Agli inizi dell'estate 1944 le formazioni partigiane dell'Appennino modenese e reggiano passarono all'attacco, assaltando i presidi fascisti e tedeschi nei comuni di Montefiorino, Frassinoro, Prignano, Polinago, Toano, Villa Minozzo e Ligonchio. Nacque così un'ampia "zona libera" di oltre 600 km. quadrati, dove confluirono circa 7.000 partigiani che diedero vita, fra il 18 giugno e il 31 luglio, all'esperienza della Repubblica partigiana di Montefiorino

Elaborazione grafica della zona libera presente nel Museo della repubblica di Montefiorino

LA REPUBBLICA DI MONTEFIORINO

Testo estratto dal sito del Museo della Repubblica di Montefiorino: www.resistenzamontefiorino.it

Foto del Fondo Corti

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La cosiddetta "Repubblica di Montefiorino" è una delle prime, più estese e importanti esperienze di "zona libera" nel corso della guerra di liberazione.

Dopo l'armistizio dell'8 settembre, lo sbandamento dell'Esercito italiano e l'occupazione da parte degli ex alleati, l'ostilità verso la Germania nazista cresce e molti giovani decidono di non rispondere ai bandi di arruolamento della RSI, diventando di fatto disertori e quindi potenziali vittime delle retate fasciste. Si formano così i primi gruppi organizzati di montanari ribelli. Anche dalla pianura c'è chi sale in montagna, già a partire dal novembre del '43 (gruppo sassolese). Le donne non si sottraggono alla lotta, e saranno presenti tra le fila della resistenza, anche con ruoli di comando (Norma Barbolini). 
Nell'inverno '43/'44 iniziano le prime azioni dei partigiani ai danni dei presidi della GNR; i fascisti rispondono con la violenza, anche verso i civili, e invocando l'intervento tedesco.

In seguito alla strage di Monchio del marzo 1944, l'ostilità nei confronti degli occupanti tedeschi sale, ma i partigiani si stanno organizzando e la controffensiva non si farà attendere
Dalla pianura moltissimi giovani renitenti alla leva di Salò raggiungono le file della resistenza.
In aprile Osvaldo Poppi "Davide" sale in montagna da Modena e affianca il comandante Mario Ricci "Armando" in veste di commissario politico. Nel giro di un mese riesce ad unificare tutte le principali formazioni dell'Appennino modenese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Uniti, i partigiani mettono in scacco le forze nemiche: liberano interi paesi, respingono gli attacchi dei fascisti e costringono i tedeschi ad abbandonare molti presidi.

Il 18 di giugno, dopo un vero e proprio assedio, prendono possesso della Rocca di Montefiorino.

Presidiano così una zona montana estesa quasi 1.000 chilometri quadrati e abitata da 50.000 persone.
I 7.000 partigiani modenesi e reggiani si uniscono nel "Corpo d'armata Centro-Emilia" comandato da Armando.
Nei comuni liberati, le assemblee dei capifamiglia vengono chiamate ad eleggere dei rappresentanti di frazione che vanno a comporre le nuove giunte amministrative. A Montefiorino la giunta viene eletta il 25 giugno 1944 e insediata il giorno successivo. Come sindaco viene nominato Teofilo Fontana, uno tra i primi protagonisti della resistenza nel modenese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Tra i provvedimenti più significativi presi dalle giunte popolari si segnalano quelli riguardanti il campo degli approvvigionamenti, i prezzi, l'assistenza. Si ripristina anche la funzionalità dei servizi principali.

Nei giorni della Repubblica il rapporto con la popolazione non è privo di tensioni: l'aumento
esponenziale degli effettivi, il conseguente abbassamento del livello di disciplina e i diffusi simboli comunisti esasperano la popolazione della montagna conservatrice, cattolica e già stremata dai rastrellamenti di marzo.
Quando il 30 luglio i tedeschi sferrano un assalto in forze, i partigiani non reggono l'urto:
nel giro di due giorni i nazisti sfondano su tutti i fronti. Il comando ordina lo sganciamento la sera del 31. Il 6 agosto Montefiorino brucia.

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La "repubblica" è caduta, ma la sua eredità rimane forte: nel resto d'Italia, dove nascono nuove esperienze più avanzate, come l'Ossola o la Carnia.

Ma anche sul territorio: le sorti delle due province si separano, ma già poche settimane dopo il rastrellamento le giunte riprendono a funzionare e nascono i CLN montagna.

Non si trattò soltanto di una zona liberata, in quanto soggetta all'occupazione delle forze
partigiane, ma di un'anticipazione del ritorno a una vita democratica, attraverso le elezioni delle amministrazioni comunali democratiche. [...] La decisione di dar vita ad amministrazioni elettive fu una conseguenza della consapevolezza politica e della carica innovatrice del movimento partigiano
.
(Ermanno Gorrieri)

Foto del Fondo Corti, proprietà del Comune di Montefiorino, conservata presso Fotomuseo Panini

SANTA GIULIA

MONCHIO

Documento video realizzato da Roberto Tincani per Col Passo A Tempo Di Chi Sa Ballare

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"18 marzo '44" è una libera cover dove si reinterpreta la canzone "4 maggio '44 in memoria" dei Gang.​

Voce di Chiara Compagni, suoni di Andrea Albicini.

Il monte di Santa Giulia si trova all'interno del comune di Palagano, sulla sommità della frazione di Monchio. 

Storicamente punto strategico per il controllo di tutta la valle del fiume Dragone, Santa Giulia fu teatro di numerosi scontri tra formazioni partigiane che confluivano da tutta la montagna e truppe della Guardia Nazionale Repubblicana, incaricata dal governo fascista di reprimere ogni velleità di ribellione.

Durante una battaglia tra le due fazioni, il 16 e 17 marzo del 1944 rimasero uccisi un ufficiale ed alcuni soldati tedeschi.

A questo punto venne fatto intervenire l'ufficio germanico di collegamento per l'Emilia, che fece affluire sull'Appennino modenese un reparto di soldati della divisione corazzata Hermann Göring comandato dal capitano Kurt Christian von Loeben, accompagnato da reparti della G.N.R. di Modena che si piazzarono a Montefiorino e circondarono la valle del Dragone.

Alle prime luci dell'alba del 18 marzo iniziarono un intenso cannoneggiamento su Monchio, Susano e Costrignano, frazioni del comune poste sull'altro fianco della valle del Dragone. Gli abitanti abbandonarono le case più esposte al tiro dei cannoni e tra il terrore generale cercarono riparo nelle cantine delle abitazioni più riparate. Molti trovarono rifugio con le famiglie nei dirupi aperti dai torrenti che dai monti scendono verso il Dragone o nei boschi, protetti da grosse querce o negli avvallamenti protetti da dossi. Fu impossibile raggiungere altre borgate perché le granate esplodevano in modo incessante, impedendo ogni via di fuga.

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Verso le 7 gli automezzi delle truppe tedesche iniziarono a muoversi da Montefiorino e Savoniero per circondare i paesi colpiti, formando una lunga colonna di autocarri, camionette, mezzi cingolati ed autoblinde. I reparti si erano divisi le borgate e le frazioni da rastrellare; non appena giunti sul posto assegnato lanciavano in aria razzi luminosi per informare l'artiglieria di spostare il tiro su zone non ancora raggiunte. Quando tutti i reparti raggiunsero i loro obiettivi cessò il cannoneggiamento.

Da questo momento inizia il vero e proprio sterminio: tutte le case incontrate vennero razziate e depredate di provviste alimentari, di oggetti di valore e date alle fiamme; pure gli animali migliori vennero razziati, gli altri bruciati vivi nelle stalle. Le persone, tutti umili cittadini, passati per le armi nei luoghi in cui venivano sorpresi. Una buona parte degli uomini incontrata fu usata per trasportare armi, munizioni e beni razziati verso Monchio, dove nel pomeriggio fu giustiziata. Il primo borgo interessato fu Susano che al tempo contava 250 persone, furono sterminate intere famiglie, compreso lo straziante caso della famiglia Gualmini: tutti gli otto componenti uccisi, compresi i bambini di 7, 5 e 4 anni. Poi mentre si terminava a Susano, altri reparti si abbatterono sulle prime borgate di Costrignano. Tutte le case vennero perquisite, le donne ed i bambini furono spinti sulla strada verso Susano e qui trattenuti sotto la minaccia delle armi fino a sera. Gli uomini vennero usati per trasportare armi e munizioni, alcuni vennero uccisi direttamente sul posto con le mitragliatrici.

Anche a Monchio si ripeterono le stesse scene degli altri due paesi.

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Alla fine di questa tragica giornata si conteranno 129 cadaveri: 71 a Monchio, 34 a Costrignano e 24 a Susano cui si devono aggiungere 7 civili uccisi senza apparente motivo nei giorni immediatamente prima e dopo la strage che portano il totale a 136 morti. Tra questi poveri morti sono da segnalare la presenza di sei bambini di età inferiore ai dieci anni, sette ragazzi tra i dieci ed i sedici, sette donne di cui una all'ultimo mese di gravidanza, venti anziani ultra sessantenni di cui uno semi paralizzato.

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Frazione di Monchio:

Abbati Callisto, Abbati Cristoforo, Abbati Giuseppe, Abbati Milziade, Abbati Raffaele, Abbati Remo, Abbati Tommaso, Albicini Ermenegildo, Barozzi Augusto, Barozzi Adelmo, Barozzi Mario, Bedostri Giuseppe, Bedostri Luigi, Bucciarelli Livio, Braglia Ambrogio, Cornetti Adele, Cornetti Luigi, Caminati Giovanni, Caselli Alberto, Carani Ernesto, Carani Geminiano, Compagni Ernesto, Debbia Enrico, Debbia Franco, Debbia Valerio, Debbia Roberto, Facchini Sisto, Ferrari Egidio, Ferrari Remo, Ferrari Teobaldo, Fiorentini Giuseppe, Fontanini Teodoro, Giberti Attilio, Giberti Eleuterio, Giusti Giuseppe, Guglielmini Aurelio, Guglielmini Emilio, Guglielmini Luigi, Guglielmini Renato, Guglielmini Giuseppe, Sajelli Pia, Magnani Amilcare, Marchi Ivo, Martelli Giuseppe, Martelli Alvino, Massari Gino, Mesini Celso, Mesini Alessandro, Mussi Remo, Ori Attilio, Ori Ernesto, Pancani Claudio, Pancani Ernesto, Pancani Marco, Pancani Tonino, Pistoni Leonildo, Pistoni Michele, Pistoni Luigi, Ricchi Ernesto, Ricchi Viterbo, Rioli Antonio, Rioli Pellegrino, Rioli Mauro, Silvestri Agostino, Tincani Ennio, Tincani Geminiano, Venturelli Dante, Silvestri Ines, Venturelli Gioacchino, Venturelli Florindo e Sassatelli Adelmo.

Frazione di Susano:

Gualmini Celso, Aschieri Clerice, Aschieri Massimiliano, Gualmini Raffaele, Baschieri Maria, Gualmini Lavinia, Gualmini Celso di Raffaele, Gualmini Viterbo, Gualmini Aurelio, Albicini Delia, Marastoni Ursilia, Marastoni Orfeo, Carlo di NN, Gherardo Filippo, Garzoni Francesca, Baldelli Camillo, Casacci Dovindo, Casini Battista, Casolari Florigi, Pagliai Domenico, Pagliai Tonino, Peli Giuseppe, Peli Andrea, Zenchi Dante.

Frazione di Costrignano:

Barbati Ersidio, Barbati Ignazio, Barbati Luigi, Barbati Pasquino, Baschieri Mario, Beneventi Pellegrino, Beneventi Giacomo, Beneventi Giuseppe, Caminati Adelmo, Casinieri Luigi, Ceccherelli GianBattista, Chiesi Sante, Compagni Tolmino, Ferrari Secondo, Ferrari Nino, Ghiddi Lorenzo, Lami Alcide, Lami Silvio, Lami Ennio, Lami Mario, Lorenzini Marcellina, Maestri Massimo, Pancani Giuseppe, Pigoni Luigi, Pigoni Lino, Rioli Ernesto, Rioli Claudio, Rioli Pellegrino, Rosi Dante, Sassatelli Lodovico, Severi Enrico.

Frazione di Savoniero:

Sassatelli Adelmo (catturato e poi ucciso il 19 marzo presso la rocca di Montefiorino).

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Particolare del Memoriale del Parco della Resistenza di Monte Santa Giulia

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